Nuovo Codice: Primi interventi del MIT utili al RUP

PRIMI INTERVENTI DEL MIT UTILI AL RUP PER L’APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI

Premessa

Il Ministero delle Infrastrutture (nel prosieguo solo MIT), ed in specie l’ufficio di supporto legale, nelle scorse settimane ha pubblicato una serie di pareri relativi all’applicazione del decreto legislativo 36/2023 (nel prosieguo solo “nuovo Codice”), di grande utilità pratica per i RUP ed in genere per gli uffici appalti. In questa circolare verranno esaminati i pareri di maggior interesse.

Responsabile del progetto e responsabili di fase

Un primo riscontro di rilievo è contenuto nel parere n. 2098/2023, in relazione alle dinamiche organizzative sulla nomina dei cc.dd. responsabili di fase.
E’ ampiamente noto, oramai, che l’art. 15 del nuovo Codice prevede, al comma 4, la possibilità di introdurre modifiche organizzative per la nomina dei responsabili di fase. Nel dettaglio, la disposizione stabilisce che pur restando il RUP quale referente unico ed ultimo dell’attuazione del progetto, le stazioni appaltanti possono introdurre nuovi modelli organizzativi per prevedere la figura dei responsabili di fase (nel prosieguo RF). La disposizione pone già una questione: ma il modello organizzativo deve essere inteso come atto di organizzazione degli uffici (eventualmente, quindi, di competenza giuntale) o, piuttosto, come una decisione dirigenziale, relativa al proprio servizio, su richiesta del RUP ?

Per evitare ulteriori ingessature e rallentamenti, in assenza di posizione ufficiali, si deve ritenere che l’innesto dei responsabili di fase possa avvenire con decisione dirigenziale. La previsione puntualizza che, in pratica, i responsabili di fase potrebbero essere due: un RF per la fase dell’affidamento (la c.d. fase pubblicistica) ed un RF per le fasi tecniche (programmazione, progettazione ed esecuzione).

Da qui, fatta la premessa, il quesito posto all’ufficio di consulenza ovvero se la stazione appaltante può ulteriormente parcellizzare le fasi per individuare più responsabili di fase (oltre i due stabiliti/indicati).
Il riscontro risulta condivisibile e chiaro con la puntualizzazione secondo cui il nuovo Codice
ha previsto espressamente solo due RF, pertanto la “scomposizione” delle fasi non è possibile.

A questa sottolineatura, piuttosto ovvia, occorre aggiungere che in presenza dei RF, in ogni caso, al RUP competono le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento e ciascun soggetto risponde “pro quota”.
Da ricordare che i RF sono responsabili di procedimento anche se il nome del RF per l’affidamento deve comparire sul bando di gara e questo è tenuto ad acquisire il CIG in luogo del RUP. Sempre in ambito RUP, riveste rilievo anche la questione risolta con il parere n. 2077/2023.

Con l’istanza al servizio di supporto si richiede se – considerato che oggi, per l’allegato I.2 del nuovo Codice, il RUP decide la procedura di affidamento (e non si limita più, come chiarito nelle linee guida ANAC n. 3, a proporre il sistema di aggiudicazione) -il RUP, anche non dirigente/responsabile del servizio, debba firmare la decisione a contrarre (nuovo nomen della determina a contrarre ex art. 17 del nuovo Codice).

PRIMI INTERVENTI DEL MIT UTILI AL RUP PER

L’APPLICAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DEL NUOVO

CODICE DEI CONTRATTI

Il MIT risponde con riferimento alla Legge 241/1990, ed in specie all’art. 6, comma 1 lett. e), ovvero che il RUP può firmare l’atto di avvio del procedimento amministrativo (non della procedura) solo se coincide con il responsabile del servizio.
La risposta è assolutamente condivisibile, visto che ipotizzare una prerogativa del RUP senza poteri a valenza esterna appare effettivamente foriera di grande confusione amministrativa. Si pensi al caso di un RUP non responsabile del servizio che adotta la decisione a contrarre.

L’atto in parola assume la veste di “determina dirigenziale” (senza le prerogative), visto che non può neppure essere trasmessa al servizio finanziario considerato che non avrebbe la prenotazione di impegno di spesa (prerogativa del solo soggetto che poi può adottare l’impegno, ovvero il dirigente/responsabile del servizio).

Si creerebbe pertanto una inutile duplicazione di atti con la necessità, poi, di adottare la prenotazione quale atto del soggetto con le prerogative gestionali.
Ovvero si crea solo confusione e rallentamento dell’azione amministrativa. La realtà, a parere di chi scrive, è diversa.

Il RUP, se non è dirigente/responsabile del servizio, non “decide” la procedura di affidamento/di aggiudicazione, ma la propone al proprio responsabile, il quale se non la condivide è tenuto a motivare le proprie perplessità.
Ovvero occorre un concerto di intenti, con rispetto reciproco, per giungere quanto
prima all’aggiudicazione.

I termini dellaggiudicazione

In relazione al tempo della procedura, si innesta un ulteriore parere dell’ufficio, il n. 2090/2023, in cui si pone tra le diverse questioni – l’aspetto della responsabilità in cui potrebbe incorrere il RUP (o chi si occupa di attività contrattuale) nel caso di violazione dei termini indicati nell’allegato I.3 (appositamente dedicato ai termini in parola).

Da notare che già la disposizione di legge (contenuta nel comma 3 dell’art. 17) chiarisce che il mancato rispetto dei termini genera la fattispecie del silenzio inadempimento. Secondo il MIT, ciò legittimerebbe l’operatore interessato (a cui evidentemente spetterebbe l’aggiudicazione secondo le risultanze della gara) a richiedere l’adozione del provvedimento (con intervento del giudice).

Inoltre, la fattispecie di responsabilità è quella della colpa grave. L’aspetto che non viene considerato, a parere di chi scrive, è che l’operatore economico potrebbe richiedere anche il risarcimento da ritardo (si pensi alle implicazioni determinate dalla ritardata, se dovuta, aggiudicazione dell’appalto).

E’ chiaro che sul punto occorrerà attendere i primi interventi giurisprudenziali.
Una delle questioni di maggior rilievo, però, è quella posta nel quesito e a cui non viene dato riscontro, ovvero l’intensità della responsabilità del RUP nel caso proponga/decida di utilizzare una procedura di affidamento/aggiudicazione maggiormente articolata rispetto a quella suggerita dal nuovo Codice.
Questione che merita una analisi autonoma (che segue).

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L’utilizzo di procedure aggravate (rispetto a quelle suggerite dall’estensore del nuovo Codice)

Il tema costituisce uno degli argomenti di maggior interesse, destinato, probabilmente, a non trovare soluzione fino ad un, tutto sommato poco probabile, intervento giurisprudenziale.
La questione riguarda la possibilità o meno, per il RUP, di suggerire/decidere delle procedure di gara (evidentemente nel sotto soglia comunitario) maggiormente
articolate (più gravose, almeno in teoria) di quella stabilite dal legislatore nell’articolo 50.

Ciò al netto delle ipotesi di “deroga” espressamente previste, ovvero nel caso di interesse transfrontaliero e di lavori di importo pari o superiori al milione di euro: nel primo caso il RUP non può utilizzare le procedure semplificate ma è obbligato ad utilizzare la procedura classica, nel secondo caso (lavori art. 50 comma 1 lett. d)) il RUP ha solo la facoltà di utilizzare la procedura classica senza obbligo di motivazione. Secondo i primi commenti (ad esempio pubblicati sul sito ANAC), il RUP avrebbe l’obbligo di privilegiare la procedura semplificata (suggerita dal legislatore, al netto delle ipotesi sopra riportate).

Ad esempio, nel caso di appalto di servizi per importo pari a 200 mila euro -secondo l’orientamento sopra riportato -, il RUP non può utilizzare la procedura classica (con bando). Secondo l’ANCI (quaderno operativo n. 43), lo scostamento dalle indicazioni legislative (che effettivamente non contengono un divieto) andrebbe motivato, a pena di illegittimità.

A queste posizioni si aggiunge quella prevista dagli estensori nella formulazione originaria dell’articolo 50 (lettera d)), in cui si richiedeva al RUP -per poter utilizzare la procedura classica con bando per lavori di importo superiore al milione di euro fino al sottosoglia -, una “adeguata motivazione”.

L’inciso è stato espunto in fase di approvazione definitiva (in Consiglio dei Ministri) in data 28 marzo 2023. Davanti a queste varie posizioni, il suggerimento pratico-operativo è che, nel caso in cui il RUP intenda suggerire una procedura “aggravata” rispetto a quella stabilita dal legislatore, il dirigente / responsabile del servizio dovrebbe richiedere una motivazione, ovvero nel momento della decisione sulla procedura il RUP dovrebbe “dichiarare” quali sono le ragioni che inducono ad utilizzare un procedimento maggiormente articolato (in termini di tempo e di spendita ore lavoro). Si deve trattare di ragioni oggettive e non di un mero ragionamento “egoistico” per differire il momento dell’assunzione della responsabilità (che si genera fin dalle fasi dell’aggiudicazione prima ancora della stipula del contratto, che compete al dirigente / responsabile del servizio).

Si cita, in tema di RUP, anche il parere n. 2087/2023, che chiarisce come il RUP non possa esternalizzare il riscontro dei requisiti degli operatori economici (competenza classica del responsabile unico del progetto e dei suoi collaboratori).

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Il rinnovo del contratto

Altro riscontro interessante è quello fornito con il parere n. 2069/2023, in tema di previsione del rinnovo del contratto.
Il quesito, pur con riferimento al pregresso codice dei contratti, pone la questione sulla possibilità, o meno, di programmare nella costruzione della legge di gara e,
segnatamente, nell’importo/valore stimato dell’appalto (che è cosa diversa dalla base di gara/affidamento) ben due opzioni distinte di rinnovo, di 12 mesi ciascuna, con costo compreso nell’importo totale.

L’ufficio di supporto, condivisibilmente, risponde positivamente richiamando l’art. 35 comma 4 del Codice del 2016; una norma omologa è oggi prevista nell’art. 14, comma 4, del nuovo Codice.
La risposta legittima, se ancora ce ne fosse bisogno, la fattispecie del rinnovo programmato che, a differenza della ripetizione (oggi art. 76 comma 5), può essere utilizzato anche nel sotto soglia comunitario (mentre la ripetizione esige il bando classico, eventualmente anche nel sottosoglia, risultando inapplicabile nel caso della procedura negoziata).

Le considerazioni dell’ANAC sul rinnovo (nella

relazione illustrativa che accompagna il bando tipo

n. 1/2023)

In tema di rinnovo, per il RUP risultano particolarmente utili le considerazioni espressa dall’ANAC nella relazione illustrativa del bando tipo n. 1/2023.
Nella relazione si evidenzia che l’unica fattispecie preclusa è quella del rinnovo tacito. Si rimarca infatti che la ratio del divieto, risalente all’art. 23 della legge 62/2005, “è stata, infatti, rintracciata nella circostanza che tale divieto esprime un principio generale, attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato UE che, in quanto tale, opera per la generalità dei contratti pubblici (TAR Lombardia, Brescia, Sezione II, 7 aprile 2015 n. 490)”.

Ad avviso del Consiglio di Stato, però, “né il pregresso articolo 57 decreto legislativo n. 163/06, né i principi comunitari consolidati in materia contrattuale, hanno mai impedito il rinnovo espresso dei contratti, allorché la facoltà di rinnovo, alle medesime condizioni e per un tempo predeterminato e limitato, sia ab origine prevista negli atti di gara e sia esercitata in modo espresso e con adeguata motivazione”.

Sempre l’Autorità anticorruzione rammenta che “che secondo la giurisprudenza il rinnovo può concludersi con l'integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali (Tar Campania, Sezione V, 2 aprile 2020 n. 1312; TAR Lazio, 10 settembre 2018 n. 9212), individuando in ciò la differenza con la proroga, che ha invece come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dal contratto originario”.

 

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La rotazione

Puntualizzazione importante, poi, si legge nel parere n. 2084/2023 in tema di rotazione. Nel caso di specie, si richiede se sia legittima la scelta di operatori tramite avviso pubblico con l’invito rivolto anche al pregresso affidatario nel caso di un numero di partecipanti inferiore a quello stabilito dalla stazione appaltante.

Oppure, nel caso contrario, non si debba estendere l’invito al pregresso affidatario nel caso in cui il numero dei partecipanti risulti almeno pari a quello minimo fissato dalla stazione appaltante.
Naturalmente il MIT esclude la validità di questa operazione, sottolineando che la
deroga alla rotazione oggi è consentita solo nell’ambito di importi inferiori ai 5.000 euro.

Per importi pari o superiori a tale cifra, la deroga alla rotazione è residualissima e deve essere adeguatamente motivata, visto che occorre certificare l’assenza di alternative oltre alla corretta esecuzione del contratto.
Più in generale, si deve ricordare che il nuovo art. 49 impone l’applicazione solo nei confronti del pregresso affidatario nel caso “in cui due consecutivi affidamenti abbiano a oggetto una commessa rientrante nello stesso settore merceologico, oppure nella stessa categoria di opere, oppure nello stesso settore di servizi”.

Ovvero come nel passato, come si conferma nella relazione tecnica che accompagna il nuovo Codice.

Appalti e PNRR/PNC

Infine, per ultimo, ma non per importanza, non si può non citare il parere n. 2153/2023, che risponde al quesito in merito a quali norme devono essere applicate agli appalti finanziati anche solo in parte dal PNRR/PNC.
Sintetizzando, l’ufficio di supporto richiama la circolare MIT del 12/07/2023, affermando che agli appalti in parola il nuovo Codice non trova “sostanzialmente” applicazione.

Pertanto, agli appalti del PNRR/PNC devono essere applicate le disposizioni del pregresso Codice (ed, ovviamente, del DL 76/2020 e del DL 77/2021), anche se risultano abrogate dal 1° luglio 2023.
E’ bene che nella decisione a contrarre relativa agli appalti di questo tipo si richiami anche il parere in parola.

FONTE: Maggioli Editore