Sanatoria ordinaria e condono: la regola del silenzio-rigetto

Sanatoria ordinaria e condono sono molto diversi: la regola del silenzio-rigetto per il permesso ex art.36 Testo Unico Edilizia

In merito alla richiesta del permesso in sanatoria per accertamento di conformità urbanistica (art.36 Testo Unico Edilizia), l'amministrazione è tenuta a pronunciarsi con adeguata motivazione entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Attenzione a non confondere condono edilizio (cioè sanatoria straordinaria) e sanatoria edilizia (cioè permesso in sanatoria, sanatoria ordinaria), perché sono due istituti molto diversi, con regole diverse, uno delle quali è il silenzio-rigetto della richiesta ex art.36 Testo Unico Edilizia.

Per fare chiarezza sull'argomento, è utile la sentenza 2801/2023 del Tar Milano inerente l'impugnazion del silenzio-rigetto formatosi sull'istanza ex art. 36 del dpr 380/2001, per l’ottenimento di un permesso di costruire in sanatoria, avente ad oggetto il recupero ai fini abitativi di un sottotetto esistente nel suddetto immobile al quinto piano. 

La principale differenza tra condono edilizio e sanatoria ordinaria

Prima di tutto, il TAR, richiamando la Corte Costituzionale, ricorda che l'art.36 del Testo Unico Edilizia disciplina l'accertamento di conformità, cioè il permesso in sanatoria ottenibile per interventi realizzati in difetto del, o in difformità dal, titolo edilizio, alla condizione che le opere siano rispondenti alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento di realizzazione dell’opera, quanto al momento dell’istanza.

Il legislatore, dunque, consente in via generale la regolarizzazione postuma di abusi difettosi nella forma, ma non nella sostanza, in quanto privi di danno urbanistico.

Tutto ciò è nettamente diverso dal condono edilizio in cui la legge, in via straordinaria e con regole ad hoc, consente di sanare situazioni di abuso, perpetrate sino ad una certa data, di natura sostanziale, in quanto difformi dalla disciplina urbanistico-edilizia.

 

Accertamento di conformità: le regole del Testo Unico Edilizia e come si dimostra la doppia regolarità

L'articolo 36 del Testo Unico Edilizia prevede la conformità delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione delle opere sia al momento della presentazione della domanda (cd. doppia conformità)

 

Sanatoria edilizia: chi prova la doppia conformità?

Come affermato dalla Corte costituzionale (42/2023), il legislatore prevede un procedimento a iniziativa di parte in cui l’onere di dimostrare la cosiddetta doppia conformità delle opere è a carico del richiedente (tra le altre, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 2 maggio 2022, n. 3437; sezione sesta, sentenza 9 marzo 2016, n. 936).

 

Il silenzio-rigetto scatta dopo 60 giorni

L'amministrazione è tenuta a pronunciarsi con adeguata motivazione entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Il TAR spiega anche il motivo di tale 'regola', ricordano fra l'altro che la definizione del procedimento di sanatoria con i tempi certi del silenzio-rigetto si coordina con la disposizione dell'art. 45 del dpr 380/2001 relativa alla persecuzione penale degli abusi edilizi.

Si prevede, infatti, la sospensione del procedimento penale sino alla decisione amministrativa sull’istanza di titolo in sanatoria, in ragione dell’effetto estintivo dei reati contravvenzionali derivante dal suo accoglimento; ma, al contempo, tale sospensione richiede un contenimento temporale non potendo il processo penale arrestarsi 'sine die'.

 

La motivazione è obbligatoria solo per l'accoglimento del'istanza di sanatoria

Il TAR aggiunge che la carenza di motivazione non inficia il rigetto silenzioso della domanda di sanatoria edilizia, essendo l'obbligo di motivazione imposto solo per il caso in cui il Comune intenda accogliere la domanda di conservazione, e ciò allo scopo di tutelare la collettività e gli eventuali controinteressati rispetto alla determinazione di sanare un abuso edilizio.

L'obbligo di 'adeguata motivazione' riguarda infatti solo l'ipotesi in cui l'Amministrazione ritenga di accogliere la richiesta di accertamento di conformità;

Questo in quanto la PA non può sottrarsi - nell'interesse dell'intera collettività e degli eventuali proprietari confinanti - all'onere di specifica e puntuale esposizione delle ragioni, in fatto e in diritto, che consentono di legittimare l'opera realizzata 'sine titulo'.

 

Silenzio-rigetto dopo 60 giorni

Semplificando, “Ai sensi dell'art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, ove il Comune non si pronunci espressamente entro il termine di 60 giorni dalla presentazione dell'istanza, sulla stessa si forma una fattispecie tipica di silenzio significativo in senso sfavorevole al richiedente, il c.d. silenzio-diniego che va impugnato, alla stregua di un provvedimento esplicito di rigetto, entro il termine decadenziale, adducendo, tuttavia, esclusivamente, ragioni di diritto tese a comprovare la sanabilità degli abusi, con esclusione del deficit di motivazione, del quale la fattispecie in questione è ope legis strutturalmente carente, oltre che di tutti gli altri vizi formali del procedimento, quali ad esempio la mancanza di pareri o del preavviso dei motivi ostativi all'accoglimento” (T. A. R. Lazio – Roma, Sez. II, 11/06/2020, n. 6394).

Ma in giurisprudenza, continua il TAR, “è onere del soggetto interessato alla sanatoria dell'abuso edilizio dare prova della c.d. doppia conformità urbanistica dell'opera da sanare, sia con riferimento al momento della realizzazione della stessa, che al momento della presentazione della relativa istanza di sanatoria, così come previsto dall'art. 36, d.P.R. n. 380/2001; ciò in quanto la prova circa l'epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza è nella disponibilità dell'interessato e non della P.A., dato che solo l'interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'addotta sanabilità del manufatto, dovendosi in ogni caso fare applicazione del principio processualcivilistico in base al quale la ripartizione dell'onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova”.

In questo caso, la prova non è stata fornita.

Scritto da : Matteo Peppucci
FONTE: https://www.ingenio-web.it/