Appalti sotto € 5.000: dal 1° gennaio 2024 vanno assegnati mediante piattaforma telematica

Come noto, a partire dal 1° gennaio 2024 sono diventate efficaci tutte le disposizioni del Codice che assicurano la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli appalti pubblici, mediante l’utilizzo di piattaforme telematiche certificate.

Anche la modalità di acquisizione del CIG cambia, nel senso che detto codice deve essere acquisito attraverso le piattaforme medesime.

Una domanda che è lecito porsi è se anche gli affidamenti diretti di valore inferiore ad € 5.000 debbano ora essere assoggettati alle piattaforme telematiche certificate.

Si rammenta, a tale proposito, che l’art. 1, co. 450 della legge 296 del 2006 esenta gli affidamenti diretti inferiori al citato valore dall’utilizzo di piattaforme anche se poi l’art. 25 del nuovo Codice (la cui efficacia è stata differita al 1° gennaio 2024), prescrive l’utilizzo di piattaforma telematica per svolgere, indistintamente, tutte le procedure d’affidamento.

Vediamo come il Ministero della mobilità sostenibile ha affrontato (e risolto) la questione sollevata da una stazione appaltante: si tratta del parere MIMS n. 2196/2023.

Il quesito posto al Ministero

Nel caso esaminato, un’Amministrazione aveva evidenziato che, partendo dall’assunto che le stazioni appaltanti, relativamente al PNRR, possono procedere entro le relative soglie tramite Affidamento Diretto mediante “autonomo utilizzo di strumenti telematici” (rif. https://asmel.eu/downloads/nota-operativa-qualifica zione-pnrr-e-nuovo-codice.pdf), chiedeva un chiarimento circa il seguente aspetto: gli strumenti telematici a cui si fa riferimento sono obbligatoriamente sistemi di negoziazione elettronici come MEPA o equivalenti regionali (es. Start Regione Toscana)? Oppure è sufficiente che tutti gli scambi e le comunicazioni avvengano ad esempio via PEC?

Dovendo urgentemente affidare un servizio specifico ad un soggetto non iscritto a nessuna di queste piattaforme la stazione appaltante si interrogava se fosse regolare procedere con affidamento diretto e scambio di atti e comunicazioni via PEC senza effettuare la procedura su Mepa o simili.

Il caso riguardava un appalto d’importo inferiore ad € 5000, riferito a prestazione molto specifica non presente su cataloghi Mepa o simili; pertanto, la stazione appaltante chiedeva se, considerato il fatto che la normativa (Legge 296 del 2006 ) obbliga il ricorso a Mepa o simili solo per appalti di valore uguale o superiore ai 5000 euro, fosse possibile anche dopo l’efficacia delle disposizioni sulla digitalizzazione dell’intero ciclo di vita degli appalti introdotta dal nuovo Codice, continuare ad effettuare affidamenti di valore inferiore all’importo citato, al di fuori delle piattaforme.

La risposta fornita dal Ministero

Il Ministero ha chiarito che, come indicato nell’Allegato 1 al nuovo codice, gli strumenti telematici (lett. che consentono l’integrazione di telecomunicazioni) possono essere strumenti di negoziazione, ovvero strumenti di acquisizione che richiedono apertura del confronto competitivo, oppure strumenti di acquisto, ovvero strumenti di acquisizione che non richiedono apertura del confronto competitivo, tra cui rientra, ad esempio, il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo. Pertanto la prima delle ipotesi riportata dalla stazione appaltante non appare corretta.

Per quanto riguarda la questione in esame, il Ministero ha rammentato che l’art. 1, comma 130 della legge 30 dicembre 2018 n. 145 ha modificato l’art. 1, comma 450 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, innalzando la soglia per non incorrere nell’obbligo di ricorrere al MEPA, da 1.000 euro a 5.000 euro. Dal 1 gennaio 2019 le pubbliche amministrazioni sono obbligate a ricorrere al MEPA per forniture di beni e l’acquisto di servizi di importo pari o superiore ai 5.000 euro.

Tuttavia, il Ministero ha precisato che nel nuovo Codice dei contratti, all’art. 25, è stato previsto, a partire dal 1° gennaio 2024, l’obbligo per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti di utilizzare le piattaforme di approvvigionamento digitale per svolgere tutte le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, piattaforme certificate secondo le regole tecniche di cui all’articolo 26.

Pertanto, pur considerando che nel caso concreto si tratta di affidare un servizio di importo inferiore a 5.000 euro, la risposta al secondo quesito è negativa.

Il Ministero ha anche rammentato che per gli affidamenti in oggetto vale il rispetto dei principi di cui al Libro I, Parte I, Titolo I ed in p articolare il principio di cui all’art. 2 (principio della fiducia) e di cui ai commi 4, 5, e 6 dell’art. 14. In particolare, quest’ultimo comma 6 dispone che “un appalto non può essere frazionato per evitare l’applicazione delle norme del codice, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino”.


Prima hanno insistito ed esaltato la circostanza che l’affidamento diretto “non è una procedura”. Per poi pretendere di trattarlo, sul piano informatico, come se lo fosse. Il caos è inevitabile.

Certo, la tracciabilità degli affidamenti è sicuramente migliore con l’utilizzo delle piattaforme. Ma, se si può essere d’accordo sulla circostanza che esse sono predisposte anche per gli strumenti d’acquisto, pare molto, molto discutibile che l’acquisizione del Cig debba passare per le piattaforme. Si poteva e doveva consentire di acquisire il Cig semplificato da Simog, con servizio di interoperatività con la banca dati dell’Anac.

E’ andata così. Con buona pace di chi pensava che gli affidamenti diretti potessero essere una semplificazione tale da renderli esenti dal tracciamento.

La lettura che il Ministero, col parere ricordato dal Biancardi, dà al principio della “fiducia”, comunque evidenzia che la “luna di miele” e l’invaghimento coi principi enunciati dal codice, intesi quali strumenti posti a miracol mostrare, per valorizzare l’autonomia e la discrezionalità, è in via di esaurimento.

Scritto da Luigi Oliveri

Fonte: leautonomie.it